La paura (e il coraggio) del manager

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    Talvolta confusi con Superman o Wonder Woman, eroi o amazzoni, i manager in realtà provano emozioni. Attenzione: non solo quelle considerate ormai un must, come entusiasmo, positività, addirittura felicità. I manager provano anche paura. Nelle sue più svariate forme, dal timore al terrore. Thorschlusspanik o spavento.

    paura manager

    Avere paura è un’emozione umana fondamentale, primaria. Già Darwin scriveva “Possiamo credere che fin da un tempo remotissimo la paura sia stata espressa in maniera identica a quella odierna”. Necessaria all'evoluzione, è una reazione involontaria a una minaccia. Ogni essere umano è in grado di leggerne i segnali – negli altri ma anche in se stesso.

    Nonostante ciò, la paura è una di quelle emozioni neglette e inconfessabili nel mondo organizzativo, soprattutto se a provarla è chi sta sopra. Infatti, un manager non può avere paura, non può dimostrare di avere paura. Al limite non ci si fa tante remore nel suscitarla negli altri (quanta paura ad esempio suscita un annuncio di tot mila licenziamenti? O quanto è funzionale alla vendita di alcuni servizi aver suscitato paure ad arte?).

    La pauracome problema e limite

    La paura porta però a pericolose distorsioni cognitive, a prendere cattive decisioni o a mettere in atto comportamenti poco efficaci a livello relazionale. Ad esempio, la paura è un grosso limite nella costruzione di rapporti di fiducia: se ho paura che il mio collaboratore non sia all'altezza di una situazione, non gli consentirò di essere – e diventare – autonomo; se ho paura che un partner commerciale non sia del tutto onesto, eviterò di fare investimenti nel settore che lui copre, anche se magari è il settore a più alto tasso di crescita.

    Naturalmente non è la paura in sé ad essere il problema, è quando non la riconosciamo che ci obnubila la mente. Se la riconosco, posso attuare delle azioni investigative per capire se la mia paura si fonda su elementi concreti o su opinioni mal formate, o azioni correttive per limitare il rischio. Alcuni poi potrebbero rendersi conto di essere, come la maggior parte delle persone, mediamente pavidi in situazioni in cui non sentono di avere pieno controllo.

    Gestire lapaura

    Una volta riconosciuta, è importante accettarla. È tra l’altro è semplicissima ma al tempo stesso complessa, perché si mixa con altre emozioni come la speranza, la rabbia, l’irritazione e l’imbarazzo, portandoci verso lidi e comportamenti differenti. Si mixa anche con credenze culturali importanti, laddove ad esempio un vero uomo non può aver paura (e la vera donna lo segue in questo input culturale, per paura di fare la figura della femminuccia). Diventa fondamentale in questa fase accettare la propria vulnerabilità, accettando quello che si è e non quello che si vorrebbe essere.

    Scegliere diavere coraggio

    L’ultimo passo è quello di scegliere di avere coraggio. Cosa significa in concreto? Queste le direttrici più comuni per un esito positivo:

    • avere il coraggio di mettere in discussione il proprio punto di vista: usando il potere della diversità possiamo arricchire il nostro percepito emotivo con il percepito emotivo altrui (stando naturalmente attenti a non cercare follower e like);
    • avere il coraggio di farsi aiutare: da chi è più esperto, da chi ne sa di più, da chi ha una teoria o un metodo utile per prendere decisioni efficaci;
    • avere il coraggio di rompere lo status quo: che significa rischiare, innovare e creare usando la paura che abbiamo provato come informazione efficace per renderci consapevoli dei rischi e attuare una consapevole gestione del rischio stesso.

    Ed è per questo che anche la paura è così importante nel mondo organizzativo, perché appunto permette di creare ed evolvere.

    In definitiva, questi sono i tre passi che possiamo suggerire:

    1. Riconoscere di avere paura
    2. Accettare di essere vulnerabili
    3. Scegliere di avere coraggio.

    Questo ci può far uscire dalla paralisi e dalla fuga e garantire un’evoluzione sana e utile al gruppo di essere umani di cui facciamo parte.

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    Scritto da

    Cegos

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